Quando ci si sveglia ogni mattina con la sensazione che l’azienda stia correndo a vuoto, che nonostante gli sforzi di tutti i risultati tardano ad arrivare e i processi sembrano più complicati del necessario, probabilmente non si è soli. Molte organizzazioni si trovano in questa situazione, spesso senza rendersi conto che il problema non risiede nelle persone, ma nella struttura stessa dell’azienda.

Quando la struttura diventa un ostacolo invece che un supporto

Si immagini l’organizzazione come un edificio. All’inizio, quando l’azienda era piccola, bastava una casa accogliente dove tutti si conoscevano e collaboravano naturalmente. Con la crescita, sono state aggiunte stanze, piani, corridoi, a volte senza un progetto architettonico chiaro. Oggi ci si ritrova con un labirinto dove le persone faticano a trovarsi e comunicare efficacemente.

La riorganizzazione strutturale non è solo una questione di organigrammi o di chi riporta a chi. È ripensare completamente come il lavoro fluisce nell’organizzazione, come le decisioni vengono prese e come le informazioni circolano. È tornare al tavolo da disegno per progettare un edificio che funzioni davvero per chi ci lavora oggi, non per chi ci lavorava cinque anni fa.

I segnali da non ignorare

La prima cosa da osservare sono i tempi di risposta. Se una semplice richiesta del cliente deve passare attraverso quattro dipartimenti diversi prima di trovare una soluzione, probabilmente la struttura organizzativa è diventata troppo complessa. 

Quando i collaboratori migliori iniziano a sembrare frustrati non per il carico di lavoro, ma per la difficoltà di portare a termine anche i compiti più semplici, è il momento di fermarsi e riflettere.

Un altro campanello d’allarme è la duplicazione degli sforzi. 

Capita mai di scoprire che due team diversi stanno lavorando allo stesso progetto senza saperlo? O che le stesse informazioni vengono richieste più volte da dipartimenti diversi? Questi non sono semplici inconvenienti, sono sintomi di una struttura che non comunica più con se stessa.

La tecnologia può essere sia alleata che nemica in questo processo. Se ci si accorge che si sta investendo sempre più in software e strumenti digitali per “risolvere i problemi di comunicazione”, ma questi problemi persistono, forse il problema non è tecnologico. Spesso, sovrapporre tecnologia a processi mal strutturati non fa altro che digitalizzare la confusione.

Guardare oltre i numeri

Mentre gli indicatori economici sono importanti, non raccontano tutta la storia. Una diminuzione della produttività potrebbe essere il risultato di una struttura inadeguata, ma anche i segnali più sottili meritano attenzione. Come si sentono le persone quando arrivano al lavoro? Sanno esattamente cosa ci si aspetta da loro e come il loro lavoro contribuisce agli obiettivi aziendali?

L’innovazione è spesso il primo ambito a soffrire quando la struttura organizzativa diventa rigida. Se negli ultimi anni un’azienda ha faticato a lanciare nuovi prodotti o servizi, o se le idee creative sembrano morire nei meandri burocratici, potrebbe essere il momento di ripensare come l’organizzazione supporta la creatività e l’innovazione.

Il ruolo cruciale della leadership distribuita

Una struttura organizzativa efficace non concentra tutto il potere decisionale al vertice. Al contrario, distribuisce la capacità di prendere decisioni a chi è più vicino ai problemi e alle opportunità. Se nella tua azienda ogni decisione, anche la più piccola, deve salire fino al CEO, si sta probabilmente rallentando tutto il sistema.

La vera sfida è creare una struttura che permetta autonomia senza perdere controllo, che favorisca la collaborazione senza cadere nell’anarchia. Questo richiede di ripensare non solo chi fa cosa, ma anche come le informazioni fluiscono e come le decisioni vengono comunicate e implementate.

Prepararsi al cambiamento

Prima di intraprendere una riorganizzazione, è fondamentale capire cosa funziona già bene nella struttura attuale. Non tutto va cambiato: spesso ci sono isole di eccellenza che possono diventare il modello per il resto dell’organizzazione. Inoltre, il coinvolgimento delle persone nel processo di ridisegno non è solo una questione di gentilezza, ma una necessità strategica. Chi lavora quotidianamente nei processi conosce meglio di chiunque altro dove sono i veri nodi da sciogliere.

La riorganizzazione strutturale non è una decisione da prendere alla leggera, ma nemmeno qualcosa da rimandare indefinitamente. Se i segnali ci sono, se le persone faticano più del necessario per fare il loro lavoro, se l’innovazione ristagna, allora è il momento di agire. Perché alla fine, una struttura organizzativa dovrebbe essere invisibile a chi ci lavora dentro: dovrebbe facilitare il lavoro, non complicarlo.

Il vero test di una buona organizzazione? Quando le persone possono concentrarsi su quello che sanno fare meglio, invece di perdere tempo a navigare in una struttura che non le supporta.



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